Mercoledì XXVIII Settimana del Tempo Ordinario
Gal 5,18-25 Sal 1 Lc 11,42-46
Gesù parla ai farisei che, nella loro arroganza, si credono irreprensibili. Ma parla anche al “fariseo” che si nasconde in ogni cuore umano. Sì, perché a volte, dietro le nostre “religiosità”, si può nascondere vanagloria, falsità e, soprattutto, un senso di superiorità nei confronti degli altri. Proprio come il fariseo che prega nel tempio: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini…” (18,11). L’orgoglio è una morte interiore. Non si vede, come non si vede un sepolcro disadorno che si mimetizza con la strada. Ma c’è. Per questo Gesù esclama: “Guai a voi!”. In alcune traduzione, troviamo: “Ahimè per voi!”. Un’espressione che rende tutto il dolore provato da Gesù per chi vive così e non vuole cambiare. La beatitudine opposta a questo “Ahimè”, non è l’essere perfetti. Ma accorgersi del peccato, avere una coscienza sofferta di questa tendenza del cuore. E chiedere umilmente perdono, lasciandosi guarire dalla misericordia infinita del Padre.
“Se consideri le colpe, Signore, chi potrà resistere? Ma presso di te è il perdono”.
Dallo Specchio di perfezione [FF 1766]
Il padre Santissimo non voleva che i suoi frati fossero avidi del sapere e dei libri, ma voleva e predicava che si sforzassero di stabilirsi sul fondamento della Santa umiltà, e di imitare la pura semplicità, la Santa orazione e la signora povertà, sul fondamento delle quali costruirono i Santi e i primi frati. Diceva che questa sola è la Via sicura per la salvezza propria e per l’edificazione degli altri, poiché Cristo, che noi siamo chiamati a imitare, questa sola ci ha mostrato e insegnato con la parola e con l’esempio.