Sabato II Settimana di Quaresima
Mi 7,14-15.18-20 Sal 102 Lc 15,1-3.11-32
I pubblicani e i peccatori si avvicinano a Gesù per ascoltarlo, mentre i farisei e gli scribi mormorano a distanza. Gesù, con la sua parabola, si rivolge a tutti loro (e a tutti noi!), figli minori e figli maggiori. I primi, peccatori e i pubblicani, sono avvantaggiati, perché hanno ben chiaro davanti a sé il loro peccato. Proprio come il figlio minore ne hanno sperimentato tutta l’amarezza e sanno che solo la misericordia del Padre può restituire loro la dignità che hanno perduto. Per questo “tornano a casa”, cioè ascoltano volentieri le parole di Gesù e sono capaci di gesti di vera conversione (cf. Lc 19,1-10). La loro salvezza è più vicina, perché sanno di averne bisogno (cf. Mt 21,31; Lc 18,9-14). Ma la stessa compassione Gesù la sente per i farisei e gli scribi, induriti nel loro orgoglio, proprio come il figlio maggiore. Hanno sempre creduto in un Dio che è padre-padrone, che dà a chi merita. Hanno invano tentato di meritare, diventando sempre più ciechi di fronte alle loro stesse mancanze e incapaci di vedere l’amore gratuito del Padre. Gesù si rivolge a tutti, per convincere chi si sente giusto, a riconoscere la propria cecità, e incoraggiare i peccatori a sperare nella salvezza. Perché con tutti lui vuole far festa.
Ti benediciamo, o Padre, per la tua misericordia senza limiti: Insegnaci la gratitudine, che ci libera dall’orgoglio e ci fa gustare il tuo amore per noi.
Dalla Lettera a tutto l’Ordine [FF 221]
Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre.