Martedì III Settimana di Quaresima
Dn 3,25.34-43 Sal 24 Mt 18,21-35
Il peccato è una realtà che si chiarisce solo alla luce della rivelazione divina e viene smascherato unicamente all’interno del profondo legame dell’uomo con Dio. Altrimenti non possiamo riconoscerlo, né tantomeno valutare le sue conseguenze. Una di queste è la solitudine.
Il peccato, infatti, è un abuso della propria libertà, non più disponibile a restituire l’amore ricevuto dal Signore. Chi pecca non ama e non riesce a sentirsi amato; in questa condizione continua a fare scelte di peccato che lo portano in un isolamento sempre peggiore. Il male mette in noi ancora un ulteriore seme di male. Non può far altro.
La dinamica del perdono mette in moto una dinamica opposta: chi perdona si apre all’amore, permette al seme di Dio di crescere in lui. Ogni atto di perdono è un dono di Grazia ricevuta, ed esperienza di superamento di sé, a volte molto lungo e molto faticoso. Ma ci fa sentire sempre più “in compagnia” del Signore che dona la forza e non delude; dei fratelli e delle sorelle che impariamo a guardare con il suo sguardo. Non solo: mette nel cuore della persona perdonata un seme di bene, a prescindere dal fatto che il perdono venga accolto o meno. Chi perdona entra in una dinamica di libertà che fa belle le relazioni.
Chiediamo la Grazia di riconoscere il nostro peccato e che nessuno sia escluso dal nostro amore.
Dalla Regola non Bollata [FF 70]
Nient’altro dunque dobbiamo desiderare, nient’altro volere, nient’altro ci piaccia e diletti, se non il Creatore e Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo è buono, pio, mite, soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero e retto, che solo è benigno, innocente, puro, dal quale e per il quale e nel quale è ogni perdono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti e i giusti, di tutti i beati che godono insieme nei cieli.