Venerdì Santo
Is 52,13-53,12 Sal 30 Eb 4,14-16; 5,7-9 Gv 18,1 – 19,4
La liturgia ci raggiunge attraverso la Passione e ci avvolge con la Parola di Dio in questo giorno in cui non si celebra l’Eucaristia.
Come il profeta Isaia attira l’attenzione dei cuori attraverso il canto del Servo sofferente, così la Chiesa ci invita a volgere lo sguardo del cuore all’agnello immolato, a Colui che con decisione sale sul Calvario e con mitezza si lascia fare. È proprio il lasciarsi fare di Gesù che colpisce, che ci fa fermare e ringraziare. Il cammino del Signore è segnato da una ascesa dolorosa affinché si compia il sacrificio d’amore. Un amore che, anche se disprezzato, “… si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4). Questa sofferenza è causa di salvezza universale e di glorificazione del servo. Il dolore del Signore solleva la nostra croce perché anche noi possiamo camminare e salire il nostro calvario. Il Padre, si fa trovare proprio lì per donarci la luce e saziarci della sua conoscenza.
“Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome”.
Dalla Lettera ai fedeli [FF202]
A colui che tanto patì per noi, che tanti beni ha elargito e ci elargirà in futuro, a Dio, ogni creatura che vive nei cieli, sulla terra, nel mare e negli abissi, renda lode, gloria, onore e benedizione, poiché egli è la nostra virtù e la nostra fortezza. Egli che solo è buono, solo altissimo, solo onnipotente, ammirabile, glorioso e solo è santo, degno di lode e benedetto per gli infiniti secoli dei secoli. Amen.