Sabato III Settimana di Pasqua
At 9, 31-42 Sal 115 Gv 6,61-69
Le parole di Gesù sono difficili. È vero: il vangelo è esigente. Lo è quando chiede di dimenticarci di noi stessi. Quando ci mette davanti alle nostre fragilità. Quando ci chiede di fare un passo più impegnativo, una scelta più generosa. Alcuni discepoli vanno via spaventati. Ma non per questo Gesù attenua il suo messaggio, o ritratta le sue parole. Anzi, spiega ai discepoli che in realtà le parole appaiono “dure” se ci fidiamo troppo della carne. Cioè se contiamo troppo su noi stessi, sulle nostre capacità, le nostre forze. Detto questo, però, non lascia soli i discepoli. E neanche noi. Con chiarezza e con molto amore, ci mostra la strada per affrontare le esigenze del vangelo e della vita. Confidare nello Spirito è la strada migliore. Mentre confidare nella carne è l’inganno peggiore a cui possiamo cedere.
Le tue parole Signore sono Spirito e vita.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 655]
Asseriva inoltre che dà segno di spirito estinto colui che accampa la necessità, mosso non dalla ragione, ma dai sensi. «Quando lo spirito – diceva – si intiepidisce e si raffredda gradatamente, è inevitabile che la carne e il sangue cerchino ciò che è loro proprio. Che cosa rimane infatti quando l’anima non trova più i suoi piaceri, se non che la carne si rivolga ai suoi? Allora l’istinto naturale maschera il momento della necessità e la mentalità carnale forma la coscienza».