Martedì VIII settimana del Tempo ordinario
Sir 35,1-15 Sal 49 Mc 10,28-31
Nei versetti che precedono il Vangelo di oggi emerge l’ambiguità del cuore dell’uomo: diciamo di voler seguire il Signore, gli chiediamo indicazioni sulla via, ma poi non rispondiamo alle sue richieste. Si parla, infatti, del giovane che fa i suoi conti e decide di andar via, triste. Gesù risponde allo smarrimento dei discepoli mettendo l’accento sul potere di Dio e sulla fiducia in lui come uniche vie di salvezza. La pura rinuncia alle ricchezze non garantisce la salvezza, perché lasciare è una cosa, seguire un’altra.
Quando segui il Signore hai un’altra misura per il conto: il Padre non sa dare meno di tutto. È affidabile e potente. È contento di dare tutto. È chiarissimo: se volete fare i vostri conti con me, capirete ciò che è bene lasciare per seguirmi e avrete tutto. Cioè tutta la salvezza: non solo quella eterna, ma anche quella “quaggiù” perché dobbiamo nutrirci, vestirci e curarci. La salvezza “quaggiù” è anche la gioia che viene dal dono reciproco nella fraternità e sostiene nelle prove della vita. Come capire se sto seguendo il Signore, se faccio i miei conti con lui? Lo dice il Siracide: se dono all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la mia possibilità.
Donaci, o Padre, di lasciare ciò che limita la nostra libertà di seguirti.
Dalla Vita Prima di Tommaso da Celano [FF 483]
Gli riusciva più facile compiere le cose più perfette che predicarle, poiché più che alle parole che rivelano la virtù ma non fanno l’uomo virtuoso, impiegava tutte le sue forze in opere sante. Perciò, sicuro e lieto cantava a sé e a Dio canti di letizia nel suo cuore (Ef 5,19). Per questo, a lui che si è rallegrato tanto della rivelazione più piccola, ne viene elargita una ben maggiore, ed essendo stato fedele nel poco, gli è dato autorità su molto (Mt 25,21).