Venerdì VIII Settimana del Tempo Ordinario
Sir 44, 1.9-13 Sal 149 Mc 11, 11-25
Trafficare le cose di Dio, stabilire patti poco onesti non può essere della persona cristiana; per poter essere fecondi è necessario dire no all’atto del vendere, del trattare nei nostri atteggiamenti e nel rapporto con Lui e con i fratelli. Spesso siamo tentati a mercanteggiare per poterci consolare un pochino, per dirci che in fondo possiamo fare qualcosa e che siamo capaci di stare in piedi. Invece Gesù, che vede i nostri banchi ben attrezzati, li smonta. Cosa rimane? Rimane la nostra povertà e l’Essenziale, cioè confidare in Lui e questo ci fa riconoscere il bisogno della riconciliazione. Riconciliarci è riconoscere i nostri peccati, chiedere perdono, cambiare vita, fare scelte mirate perché possiamo gioire e ringraziare nel vedere il nostro cuore che si converte alla bontà e all’umiltà. E questo ci dà la vera consolazione… Provare per credere!
Signore, donaci di seguire le orme di coloro che ci testimoniano la gioia della fede.
Dalla Leggenda perugina [FF 1610]
Francesco ripeteva che il servo di Dio deve chiedere l’elemosina per amor del Signore Dio più francamente e gioiosamente che non farebbe un uomo il quale, volendo comprare qualcosa, sospinto da cortesia e generosità, andasse dicendo: «Per una cosa che vale un denaro, io verserò cento marchi d’argento!». Anzi, mille volte di più. Poiché il servo di Dio offre al benefattore, in cambio dell’elemosina, l’amore di Dio, a confronto del quale tutte le cose del mondo e anche quelle del cielo sono un nulla.