Mercoledì IX Settimana del Tempo ordinario
Tb 3,1-11.16-17 Sal 24 Mc 12,18-27
Il libro di Tobia ci mostra la situazione di Sara segnata dal dolore: una storia di morte dove sembra non esserci speranza. Eppure Sara, spingendosi oltre l’evidenza, oltre il dolore, prega e mette la sua vita nelle mani di Dio. È qui che si apre per lei un nuovo inizio, pieno di speranza e di fecondità. Nel vangelo, i sadducei hanno uno sguardo senza speranza, un orizzonte chiuso e senza gioia. Sono ancorati all’evidenza, a ciò che si vede e si tocca. Mentre, per aprirsi alla speranza, è necessaria la fede. La Legge dice che, se un uomo muore, “suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. La vita però non è solo “dare discendenza”. È molto di più, perché l’uomo è figlio di Dio, infinitamente amato e destinato alla vita eterna. Siamo tutti fatti per il cielo, siamo fatti per la gioia e la vita piena.
Grazie Signore perché, per il tanto amore con cui ci hai amati, “hai vinto la morte e hai fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo”.
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1127]
Disse al cardinale di Ostia: “Il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi mendicanti volontari per Cristo. E io, questa dignità regale che il Signore Gesù ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del regno dei cieli i veri poveri di spirito, non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento”.