Sabato XXIII Settimana del Tempo Ordinario
1Tm 1,15-17 Sal 112 Lc 6,43-49
La vita dell’uomo è un tesoro da cui si può trarre fuori bontà oppure cattiveria. La bontà del cuore, insomma, la si può verificare dai frutti che produce. Questa verità ci spaventa, pensando alle tante zone d’ombra del nostro cuore… Eppure questo, per Dio, non è mai una situazione immutabile, definitiva, senza sbocco. C’è sempre per noi la speranza di un cambiamento, l’occasione di una guarigione, un momento per rialzarsi e ricominciare, sembra dirci Gesù. C’è però un importante e paziente lavoro “di edilizia” da intraprendere, che avviene sotto l’azione dello Spirito Santo. Sono i “lavori incorso” che garantiscono in noi fondamenta solide e profonde, ben piantate sulla Parola di Dio, e che richiedono la nostra sincerità e sollecitudine. Nutriamo allora il cuore di preghiera, di Vangelo, di carità, di umiltà, di atti di perdono, di gratitudine sincera. La vita, a quel punto, non potrà che produrre frutti buoni, dal bene di cui sovrabbonda.
Signore, se abbiamo te come pietra angolare, la nostra vita cresce ben ordinata, diviene tua dimora per mezzo dello Spirito (cf. Ef 2,22)
Dalla Compilazione di Assisi [FF 1575]
Sebbene l’Abate e i monaci avessero concesso in dono al beato Francesco e ai suoi frati la chiesa senza volerne contraccambio o tributo annuo, tuttavia il beato Francesco, da abile e provetto mastro che intese fondare la sua casa sulla salda roccia, e cioè fondare il suo gruppo sulla vera povertà, ogni anno mandava al monastero una corba piena di pesciolini chiamati lasche. E ciò in segno di sincera umiltà e povertà.