Sabato XVII Settimana del Tempo Ordinario
Ger 26,11-16.24 Sal 68 Mt 14,1-12
Erode è re, padrone di molti sudditi. Eppure, è schiavo di sé stesso. Si tormenta, ma non riesce ad accogliere la voce della verità che parla dentro la sua coscienza e lo esorta a cambiare. Pur avendone stima, non accetta che Giovanni stia parlando alla sua vita. Non accetta la conversione che gli propone. Questo atteggiamento ci riguarda, quando anche noi sappiamo bene, in fondo, qual è la verità, ma non accettiamo la fatica di cambiare. Oppure siamo talmente condizionati dal giudizio altrui che preferiamo rimanere nella menzogna, piuttosto che fare brutte figure. Eppure, in Erode si era accesa una piccola fiammella di bene, di verità. Dice infatti l’evangelista Marco che considerava “il Battista uomo giusto e santo (…) e lo ascoltava volentieri”. Il problema è che il male conosce bene i nostri punti deboli, e agisce attraverso quelli. Erode è molto condizionato dal giudizio altrui. Infatti, a motivo del giuramento e dei commensali, si fa complice di un peccato orribile. Il Signore ci doni un cuore libero: che non solo si lasci attrarre sempre da ciò che è bello, buono, giusto. Ma che sappia rimanergli fedele… costi quel che costi.
“Signore, che io sia liberato dai miei nemici e dalle acque profonde.
L’abisso non mi sommerga, la tua salvezza mi ponga al sicuro”.
Dalla seconda lettera ai custodi [FF 46]
Sappiate che ci sono delle realtà che, davanti al Signore sono altissime e sublimi, ma a volte sono reputate dagli uomini vili e spregevoli; mentre altre, ritenute care e nobili tra gli uomini, sono invece ritenute vilissime e spregevoli al cospetto di Dio.