Giovedì XXXI Settimana del Tempo Ordinario
Fil 3,3-8 Sal 104 Lc 15,1-10
Il Signore viene in aiuto alla nostra debolezza che non solo ci fa cadere: la debolezza ci fa allontanare da Lui e dalla Chiesa. È la debolezza del non ce la faccio, del non sono degno. Ci smarriamo quando non vediamo più i riferimenti che rendono salda la nostra vita. Per guardare al futuro abbiamo bisogno degli altri, non è naturale pensarsi da soli. Quando lo facciamo ecco sì che ci smarriamo. Davanti a questa debolezza il Signore ci dice che ci viene a cercare per continuare insieme a Lui e ai fratelli il cammino della vita. Per questo dovrebbero occupare i nostri pensieri e concretamente il nostro tempo le persone che si sono o che si stanno smarrendo, perché piano piano si possono allontanare dal Signore e dalla Chiesa. Cercare e reintegrare nella comunità: questa è la gioia del Signore. E la nostra?
Donaci Signore un cuore attento.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 763]
Amava con maggiore bontà e sopportava con pazienza quelli che sapeva turbati da tentazioni e deboli di spirito, come bambini fluttuanti. Per cui, evitando le correzioni aspre, dove non vedeva un pericolo, risparmiava la verga per riguardo alla loro anima. E soleva dire che è dovere del superiore, padre e non tiranno, prevenire l’occasione della colpa e non permettere che cada chi poi difficilmente potrebbe rialzarsi, una volta caduto.
Oh, quanto è degna di compassione la nostra stoltezza! Non soltanto non rialziamo o sosteniamo i deboli, ma a volte li spingiamo a cadere. Giudichiamo di nessuna importanza sottrarre al Sommo Pastore una pecorella, per la quale sulla croce gettò un forte grido con lacrime. Ma ben diversamente tu, padre santo, preferivi emendare gli erranti e non perderli!