Lunedì V Settimana di Quaresima
Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62 Sal 22 Gv 8,1-11
Scribi e farisei portano una donna e la buttano in mezzo come fosse una cosa, parlano di lei come se non fosse una persona, irrompono alla presenza di Gesù e insistono per avere da lui una risposta, voglio una condanna. Davanti a tanta violenza e a tanto clamore, Gesù si china, e rimane in silenzio. Si pone alla stessa bassezza della donna, e non risponde. Per l’insistenza degli accusatori si alza, con una frase smaschera l’ipocrisia, portando ciascuno a guardarsi dentro e a riconoscersi per quello che è, un peccatore. E lo fa anche con una certo “umorismo”, visto che lui sì, era senza peccato e con giustizia avrebbe potuto scagliare la prima pietra. Ma torna a chinarsi. Di fronte al male che grida e scalpita Gesù risponde con il silenzio e l’umiltà. E quando deve parlare, svela la verità senza però accusare. Non è venuto per condannare, ma per salvare, anche coloro che non sanno quello che fanno.
Donaci, o Signore, di riconoscere con verità e umiltà il nostro peccato.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 707]
[Un giorno un frate chiese] a Francesco: “Padre, che cosa ne pensi di te stesso?”. Ed egli rispose: “Mi sembra di essere il più grande peccatore, perché se Dio avesse usata tanta misericordia con qualche scellerato, sarebbe dieci volte migliore di me”.