Giovedì V Settimana di Quaresima
Gen 17,3-9 Sal 104 Gv 8,51-59
I Giudei vivono una religiosità legata al culto del passato, e non tollerano intromissioni nel tempo presente. Forse anche a noi sembra strano che Dio oggi possa sovvertire la nostra vita tranquilla. Spesso, infatti, andiamo costruendo faticosamente equilibri intoccabili. Una quiete che a volte è il compromesso con una religiosità un po’ comoda. Vorremmo infatti vivere in pace, senza imprevisti spiacevoli, senza disturbi, preservati dagli scossoni. Ma la Parola di Dio ci viene a “disturbare” perché è viva, è una continua novità nella vita di chi l’ascolta. La nostra adesione ha bisogno di essere continuamente risvegliata, rinnovata, riconfermata. Solo così innesca un processo di vita e comunione con gli altri. Decidere di stare con la persona di Gesù è compiere il salto della fede, nelle braccia di Colui che è degno di essere ascoltato e creduto. Allora, quando gli snodi della vita diventano più impegnativi, è il momento di ancorarsi alla Parola, custodirla nel cuore con maggiore forza, perché diventi carne della mia carne, nutrimento e stile del mio stare nel mondo.
Donaci, o Padre, la fede di Abramo, donaci la vita che viene dal custodire la tua Parola.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 635]
Francesco chiama frate Leone: «Portami carta e calamaio, perché voglio scrivere le parole e le lodi del Signore, come le ho meditate nel mio cuore». Subito gli portò quanto aveva chiesto, ed egli, di sua mano, scrisse le Lodi di Dio e le parole che aveva in animo. Alla fine aggiunse la benedizione del frate e gli disse: «Prenditi questa piccola carta e custodiscila con cura sino al giorno della tua morte». Immediatamente Leone fu libero da ogni tentazione, e lo scritto, conservato, ha operato in seguito cose meravigliose.