Martedì fra l’Ottava di Pasqua
At 2,36-41 Sal 32 Gv 20,11-18
Maria è nel suo profondo dolore, piange per il motivo che dovrebbe riempirla di gioia, ma ancora non lo sa. Dice san Gregorio Magno: “Dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati”. Anche noi spesso ci stanchiamo di cercare il Signore, di rimanere con Lui. Invece Maria “poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza. Eppure, a Maria viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui. «Gesù le disse: Maria!» (Gv 20, 16). La chiama per nome come se volesse dire: riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale. Maria dunque, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito grida: «Rabbunì», cioè «Maestro»: era lui che ella cercava all’esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca”.
Tu Signore conosci la nostra fiacchezza nel cercarti: donaci perseveranza e la gioia di poterti riconoscere nella nostra vita.
Dalla Terza lettera di Santa Chiara ad Agnese [FF 2889]
Ama con tutta te stessa colui che tutto si è donato per amor tuo.