Mercoledì XII Settimana del Tempo Ordinario
Gen 15,1-12.17-18 Sal 104 Mt 7,15-20
«Non temere, io sono il tuo scudo, la tua ricompensa sarà grande». È una promessa amorevole e potente. Abram potrebbe essere sereno. Eppure, come facciamo noi, continua a lamentarsi, a fare conti, a guardare a ciò che manca. Si fida del Signore, sì …ma fino a un certo punto. «Che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli …un domestico sarà mio erede». Solo dopo, dall’esperienza, Abram capirà la fedeltà di Dio, sperimenterà la sua potenza, l’attendibilità delle sue promesse. È così anche per noi: molte volte, i passaggi del Signore li vediamo solo dopo. Del bene ci accorgiamo dai frutti di gioia e di pace che generano, dentro e attorno a noi. Così, anche del male spesso ci accorgiamo dopo. Sembra sempre promettere beni graditi agli occhi e desiderabili (cf. Gn 3,6). Eppure ne sperimentiamo gli effetti negativi, dentro e attorno a noi. Impariamo a fidarci della Parola del Signore, non fino a un certo punto … ma fino in fondo. La sua promessa è amorevole e potente.
Tu Signore ti sei sempre ricordato della tua alleanza.
Dal Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano [FF 189]
In Spagna, presso San Facondo, un uomo aveva nel giardino un ciliegio che produceva copiosi frutti ogni anno e dava guadagno al suo coltivatore. Una volta l’albero si seccò e si inaridì dalle radici. Il padrone voleva abbatterlo, perché non occupasse più il terreno, ma, consigliato da un vicino di rimettere la cosa al beato Francesco, seguì il suggerimento. Quindi, contro ogni speranza, l’albero in modo miracoloso a suo tempo verdeggiò, fiorì e mise fronde, producendo frutti come prima. Da allora, per riconoscenza di così grande grazia, quell’uomo mandò sempre ai frati di quei frutti».