Mercoledì XIV Settimana del Tempo Ordinario
Gen 41,55-57; 42,5-7a.17-24a Sal 32 Mt 10,1-7
Giuseppe è il figlio prediletto che, per invidia ed interesse, viene venduto dai fratelli. Quando poi questi verranno in Egitto spinti dalla carestia e dalla fame, senza riconoscerlo, gli chiederanno aiuto e lui li accoglierà. Pur nel dolore, saprà vincere sé stesso, il rancore, la voce dell’ingiustizia subita. E così donerà ai fratelli il pane materiale, ma anche il pane del perdono e della fratellanza un tempo ferita. Giuseppe è la figura di Gesù, il Figlio amato che dona la vita, dona il pane. Anzi di più … Lui si fa pane. Pur di ristabilire l’amore tra noi fratelli e la paternità di Dio ferita dal peccato. Gesù oggi invia i discepoli, e anche noi se lo vogliamo, a dire agli altri che quell’amore di predilezione del Padre non è qualcosa di vago, lontano, astratto. Ma è tangibile, concreto… è vicino. In forza di questo amore che ci avvolge, possiamo anche noi farci pane buono e gratuito da spezzare per il bene dei fratelli.
“Questa parola non è troppo alta per te, né troppo lontana da te (…) Anzi, è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30,11.14)
Da “L’insediamento dei Frati Minori in Inghilterra”, di Tommaso Da Eccleston [FF 2574]
Quando era ancora nella casa paterna, vennero dei bambini poveri a chiedere l’elemosina; egli diede loro il suo pane ed essi gli donarono un pezzo del loro, e gli era sembrato che quel pane duro, mendicato per l’amore di Dio, fosse più gustoso del pane tenero che lui e i suoi familiari mangiavano. E così i bambini, per rendere il loro pane più gustoso, si domandavano l’uno all’altro del pane per amore di Dio.