Mercoledì I Settimana del Tempo Ordinario
1Sam 3,1-10.19-20 Sal 39 Mc 1,29-39
Di fronte alla sofferenza altrui, non sempre ci sono parole; ma sempre ci sono gesti di cura, vicinanza sincera, preghiera. Così fa Gesù, così siamo chiamati a fare anche noi. Quante volte invece ci ritroviamo eccessivamente preoccupati di noi stessi? L’egoismo a volte ci spinge a perseguire la nostra autoaffermazione, visibilità, obiettivi personali. Si può arrivare a manipolare l’altro per il proprio tornaconto. Così l’altro non lo vediamo più: diventiamo ciechi davanti al suo vero bene, al suo dolore nascosto. Gesù, Figlio di Dio, non ha l’ossessione di sé stesso, ma è un uomo libero: totalmente donato al Padre suo e a noi. Perciò “si accorge”, scorge il nostro vero bene, sa prenderci per mano e guarirci.
Signore, la tua Parola mi liberi dal male e mi spinga a servire i fratelli, come hai fatto Tu.
Dallo Specchio di perfezione [FF 1714]
Una volta un fratello era malato e senza forze. Francesco ebbe compassione di lui. (…) Sicché disse fra sé: «Se questo fratello, di buon mattino, mangiasse dell’uva matura, credo che ne avrebbe giovamento» (…) Si alzò di fatto un giorno di buon’ora, chiamò segretamente quel frate, lo condusse in una vigna vicina al luogo e scelse una vite dai grappoli maturi. E sedendosi accanto a quella, cominciò a mangiare l’uva insieme con lui affinché non si vergognasse a mangiar da solo. Così il frate riprese forza, e insieme lodarono il Signore. Quel frate si ricordò per tutta la vita della compassione e dell’affetto che il padre santo gli aveva dimostrato, e con devozione grande ricordava piangendo ai fratelli quel fatto.