“L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore” (Rm 13,10)
Gesù richiama alla carità e lo fa dando l’esempio. Nella sua vita terrena davvero non ha escluso nessuno, il suo amore di predilezione era per i lontani e per i peccatori, tuttavia non trascurava nemmeno chi credeva di essere giusto di fronte alla Legge, a posto con la propria coscienza. E qual è il luogo privilegiato in cui Gesù manifesta la sua vicinanza? È la mensa, segno di quotidianità e di intimità, alla quale l’uomo è invitato a nutrirsi, a partecipare con semplicità di cuore e riconoscenza. Lì è anche chiamato a fare spazio a chi gli è prossimo. Andare oltre il sabato, cioè vivere la carità, è la vocazione di ciascuno, che va oltre il giusto o l’ingiusto, il “mi va” o “non mi va”. Chiediamo al Signore di saper superare la Legge, soprattutto quella che soddisfa i nostri bisogni, e di saper agire, invece, secondo le esigenze della carità, perché la carità guarisce le nostre e le altrui infermità.
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 402]
Erano così pieni di santa semplicità, di innocenza di vita e di purezza di cuore da ignorare completamente ogni doppiezza. Come unica era la loro fede, così uno lo spirito, la stessa volontà e la medesima carità, la continua coesione degli intenti e la concordia dei costumi, la pratica delle virtù, l’armonia dei pensieri e la pietà delle azioni.
 
			 
                    



