Mercoledì XXVI Settimana del Tempo Ordinario
Sir 50, 1,3-7; Sal 15; Gal 6,14-18; Mt 11,25-30
San Francesco d’Assisi, Solennità
Il Signore sembra conoscere bene il peso della vita, le nostre incertezze, delusioni e stanchezze. Sa bene che, quando ci sentiamo oppressi, tendiamo a chiuderci e arrestare il passo. Oppure fuggiamo il dolore cercando consolazioni facili e superficiali. Ecco perché Gesù dice: venite! Ci esorta a muoverci ed uscire da noi stessi. Il poverello di Assisi ha accolto con gioia la voce del Signore Gesù. Non solo: ha compreso che dietro il suo invito c’era un “chi” che l’attendeva: “vieni a me”. Così Francesco ha stretto con il Signore un rapporto intimo e vero. Questo ha cambiato tutto. E noi? Riusciamo a relazionarci con un “chi” concreto in ogni piccola azione e pensiero della giornata? Il Signore ci attende.
Signore Gesù, grazie perché, pur non togliendoci i pesi della vita, ci togli l’angoscia che ne deriva, pur non togliendoci la croce, ci assicuri che la porti con noi.
Dal Testamento [FF 110]
Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo.