Sabato XVII Settimana del Tempo Ordinario
Lv 25,1.8-17 Sal 66 Mt 14,1-12
Il peccato ci promette una “libertà” totale di poter avere tutto quello che vogliamo, come vogliamo e quando vogliamo… Ma sempre questa “libertà” si rivela falsa, e alla fine, di peccato in peccato, siamo sempre più sordi alla verità, schiavi di noi stessi e del male che abbiamo fatto crescere in noi. È l’esperienza di Erode che inizia col far arrestare Giovanni e arriva ad ucciderlo forse addirittura senza volerlo pienamente, perché ormai vincolato dal suo stesso giuramento. Davvero “chi commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8,34), ma Dio non smette di desiderare per noi la libertà! Con il Giubileo dell’Antico Testamento, Dio metteva un limite alla schiavitù, all’appropriazione dei beni, al lavoro nei campi. Allo stesso modo Gesù, con la sua venuta, “promulga l’anno di grazia” (cf Lc 4), il tempo in cui possiamo ricevere il perdono per il nostro peccato e accogliere la vera libertà: siamo creature e non creatori, uomini e donne “limitati” ma amati personalmente e pienamente da Dio.
Donaci, o Signore, di accogliere la Tua parola che libera
Dalla Vita Prima di Tommaso da Celano [FF 501]
Si lamentava anche di alcuni, un tempo intenti a mete più elevate, che ora si abbassavano a cose vili e futili e, abbandonati i veri gaudi dell’anima, si affannavano a rincorrere frivolezze prive di ogni valore, vagando nel campo di una malintesa libertà. Per questo implorava la divina clemenza per la liberazione dei suoi figli e la scongiurava con la devozione più grande.