La superbia ci priva del bene
Lunedì XXII Settimana del Tempo Ordinario
1Ts 4,13-18 Sal 95 Lc 4,16-30
Gesù viene a portare un messaggio di pace, di speranza. Viene a “proclamare l’anno di grazia del Signore”, il giubileo, la liberazione. E sceglie di iniziare la sua missione proprio nella sua città, fra le persone a lui più vicine, a Nazaret. Eppure è proprio il conoscere le umili origini di Gesù, «Non è costui il figlio di Giuseppe?», e il sentirlo “uno di loro” che impedisce ai nazaretani di riconoscerlo. Non solo. La reazione alle parole di Gesù, che in un primo momento è di stupore, si trasforma presto in disprezzo e rabbia. È la presunzione di chi si sa bisognoso ma non vuole accettarlo, e allora, incapace di guarire da solo, deride il medico, per screditarlo e abbassarlo al proprio livello e sentirsi in qualche modo superiore. È davvero grande la cecità che la superbia ci procura, e davvero è il più grande peccato, perché ci impedisce di riconoscerci scelti da Dio, prediletti, amati da Lui.
Signore, che passi in mezzo a noi per portarci la tua pace, libera il nostro cuore dalla presunzione e dalla superbia, perché umilmente riconosciamo la tua benevolenza per noi
Dal Saluto alle Virtù [FF 256-258]
Santissime virtù,
voi tutte salvi il Signore dal quale venite e procedete […].
Non c’è proprio nessuno in tutto il mondo,
che possa avere una sola di voi,
se prima non muore a se stesso […].
E ciascuna confonde i vizi e i peccati.
La santa umiltà
confonde la superbia
e tutti gli uomini che sono nel mondo,
e similmente tutte le cose che sono nel mondo.