Sabato XXII Settimana Tempo Ordinario
1Cor 4,6-15 Sal 144 Lc 6,1-5
La religiosità farisaica, che Gesù contesta, è davvero triste: rigida, senza libertà e gioia, priva di generosità e di amore verso l’altro. Perché manca la consapevolezza dello sguardo di misericordia rivolto a noi dal Padre. Se non facciamo esperienza di questo amore gratuito, immeritato, continuamente riversato nei nostri cuori, difficilmente possiamo guardare l’altro con comprensione. Senz’altro prevarrà l’intransigenza, la preoccupazione della sola regola. Ma se vivo questo sguardo come certezza, come unica àncora di salvezza per la mia vita, allora sarò anche felice di camminare e vivere insieme agli altri, mi scoprirò più solidale e capace di amare. A quanti lo accusano di trasgredire la legge, Gesù ricorda un gesto che Davide fece mentre fuggiva da Saul, per salvare la sua vita e quella dei suoi compagni.
Padre nostro, nessuno viene a Te se non per mezzo del Figlio tuo Gesù. Fa che sappiamo seguirlo e accogliere la sua Parola che salva.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 608]
Una notte, una di quelle pecorelle, mentre le altre dormivano, si mise
a gridare: “Muoio, fratelli, ecco, muoio di fame!”. Il saggio pastore si
alzò immediatamente e si affrettò a portare l’aiuto opportuno alla
pecorella infermiccia. Ordinò di preparare la mensa, anche se con cibi
alla buona, dove l’acqua, come il più delle volte, suppliva alla
mancanza di vino. Proprio lui cominciò a mangiare per primo ed invitò
a quel dovere di carità gli altri frati, perché il poverino non avesse ad
arrossire. Preso il cibo col timore del Signore, affinché fosse completo
l’atto di carità, il Padre tenne ai figli un lungo discorso sulla virtù della
discrezione. Prescrisse di offrire sempre a Dio un sacrificio condito di
prudenza, ammonendoli accortamente di tener conto, nel servizio
divino, delle proprie forze.