Martedì XXV Settimana del tempo ordinario
Ef 4,1-7.11-13 Sal 18 Mt 9,9-13
San Matteo apostolo ed evangelista, festa
Quante volte anche noi, come Matteo, viviamo la nostra quotidianità fermi nelle nostre abitudini più o meno ordinate. Quante volte quello che “non va” nella nostra vita rimane come addormentato nella nostra coscienza.
Altre volte viviamo il peccato e l’immaturità con rassegnazione; altre ancora – speriamo prevalentemente – attendiamo una luce, siamo vigili e abbiamo voglia autentica di cambiare concretamente.
La Parola di oggi ci fa riflettere su come noi viviamo il rapporto con il nostro peccato e ci ricorda che è volontà decisa di Dio dare la sua Grazia, così come ne abbiamo bisogno e così come Lui vuole. Dio irrompe con il suo sguardo di misericordia. Questa è una certezza, ma noi possiamo rendercene conto solo se abbiamo un’autentica coscienza di essere peccatori, se crediamo che il peccato diviene – per sua Grazia – luogo della conoscenza dell’amore di Dio.
Ci conceda il Padre di avere una coscienza viva e saper riconoscere, nei fatti e negli incontri della vita, il suo sguardo di misericordia.
Dalla Leggenda maggiore di san Bonaventura [FF 1134.1135]
La vera pietà, che, come dice l’Apostolo, è utile a tutto aveva riempito il cuore di Francesco, compenetrandolo così intimamente da sembrare che dominasse totalmente la personalità di quell’uomo di Dio.
Affermava che questo ufficio della pietà è più gradito di ogni sacrificio al Padre delle misericordie, soprattutto se viene adempiuto con zelo dettato da carità perfetta, per cui ci si affatica in esso più con l’esempio che con la parola, più con le lacrime della preghiera che con la loquacità dei discorsi.