Martedì XXXIII Settimana del Tempo Ordinario
2Mac 6,18-31 Sal 3 Lc 19,1-10
Le letture di oggi ci presentano due uomini: Eleàzaro, “uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona”, e un uomo di nome Zaccheo, pubblicano e peccatore.
Essere “uomo”: questa è la qualità primaria delle due persone. E le letture di oggi sembrano rispondere alla domanda del salmista: “che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? (Sal 8,5). È la grandezza di Dio a rendere grande l’uomo, “fatto poco meno di un dio” (Sal 8,6). Lo vediamo nell’uomo Eleàzaro, il cui comportamento riflette le sue convinzioni più profonde. Un uomo reso capace dall’amore di Dio di perdere la vita. Lo vediamo anche nell’uomo Zaccheo: Gesù vede tutto il bene che questa persona poteva fare, non lo riduce solo ad un uomo che sbaglia, perché impossessato dal bisogno di successo e di potere. Ma per Lui fa molto di più: nella sua bellezza di uomo, Gesù si fa bisognoso di essere ospitato. Parla il suo linguaggio, quello di chi era abituato a dare banchetti ed accogliere persone in casa propria per fare affari. E gli offre l’affare della vita: la remissione dei peccati e la gioia di scoprirsi prezioso agli occhi di Dio.
Gesù, tu devi fermarti con me: tu cerchi il “giusto” nascosto in me. Donami il coraggio di chiederti seriamente chi sei tu e di volerti vedere. Questo mi porterà ad essere un “uomo nuovo”, capace di perdere la vita per amore.
Dalle Ammonizioni [FF 160]
Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato.