Mercoledì XV Settimana del Tempo Ordinario
Is 10,5-7.13-16 Sal 93 Mt 11,25-27
Il profeta Osea si esprime con parole severe. Dio, infatti, vuol mettere in guardia il popolo di Assiria dal male della superbia. Questo popolo ha saccheggiato, depredato, distrutto, dimenticandosi di Dio. È come se il bastone volesse brandire chi lo impugna…O la scure vantarsi contro chi taglia. Sarebbe assurdo. Eppure, quando ci insuperbiamo, facciamo esattamente questo. Ecco perché la gioia e la gratitudine di Gesù al Padre è per quelli che lui chiama “piccoli”, per chi sa di essere figlio, di non bastare a sé stessi, di avere bisogno di un altro per vivere. I “piccoli” del Vangelo, quando incontrano Gesù, se ne sentono profondamente attratti. Non solo perché risolve i loro bisogni, le loro malattie ma, prima ancora, perché da lui si sentono profondamente accolti, ascoltati, amati. Hanno l’intima certezza che ciò che gli manca è lì davanti a loro. Credono che, fidandosi di Lui, davvero tutto è possibile.
Padre buono, sei Tu la sorgente di ogni sapienza, la fonte da dove scaturisce ogni bene. Donami un cuore semplice, buono e riconoscente.
Dall’Ufficio della Passione [FF 280]
Signore, ti ho raccontato la mia vita: e tu hai preso le mie lacrime e le hai poste davanti a te. I miei nemici si sono uniti per perdermi: hanno risposto col male al bene, con l’odio all’amore. (…) Mio Padre santo, che sei Re del cielo e della terra, non allontanarti da me: il tempo della tribolazione è prossimo, e non c’è chi mi aiuti. Ma se io ti avrò invocato fuggiranno i miei nemici: ecco, io so bene che tu sei il mio Dio (…) Vieni in mio soccorso, Dio della mia salvezza.