Martedì XXVIII Settimana del Tempo Ordinario
Gal 5,1-6 Sal 118 Lc 11,37-41
San Giovanni XXIII Papa, memoria
I farisei si mostrano intransigenti, perché, dice San Paolo, cercano la giustificazione nella Legge. Sono rigidi nei loro giudizi. Il bisogno di mostrarsi bravi, irreprensibili davanti agli altri offusca e confonde il loro sguardo. E non vedono la cosa più importante: l’azione della bontà di Dio per ogni uomo. Anche in questo episodio un fariseo, vedendo Gesù preferire la misericordia alle osservanze della legge, lo guarda con sospetto e lo rimprovera. Anche in noi può emergere il giudizio, il sospetto. Accade quando nell’altro vogliamo cogliere l’errore, stanare la fragilità, forse per sentirci meno soli nella sventura… L’invito del Signore Gesù è chiaro: l’esterno dev’essere come l’interno. È inutile mentire a noi stessi, agli altri e a Dio. È invece liberante riconoscere con umiltà ciò che siamo. Quando non mascheriamo il nostro male e ci confessiamo semplici, poveri, bisognosi di misericordia, siamo molto più liberi e contenti. Quando anche il male dell’altro è oggetto di comprensione e misericordia, allora sperimentiamo cosa vuol dire “dare in elemosina”, cioè donare noi stessi con cuore libero e gratuito.
Padre buono, aiutaci a combattere con tenacia le nostre impurità con la pace di saperci amati da te.
Dalle Ammonizioni [FF 160]
Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa. Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, davvero vive senza nulla di proprio.