Venerdì VIII Settimana del Tempo Ordinario
Sir 44,1.9-13 Sal 149 Mc 11,11-25
Questo Vangelo parla di due tematiche precise: il tempio di Gerusalemme e il fico. Nel tempio, Gesù non permette ad alcuno di usarlo per i propri affari e ne ribadisce la sua funzione di “casa di preghiera”. L’esempio del fico richiama la priorità della preghiera ed è usato da Gesù per ricordare che i suoi frutti sono quelli della promessa, i frutti del rapporto con Dio. Il popolo d’Israele, come il fico sterile, non ha portato frutti. Per far sì che ci siano frutti spirituali, Gesù ricorda l’invito alla fede, alla preghiera e al perdono. La fede ci fa pregare e la preghiera ci apre al perdono.
Signore, donaci di essere uomini e donne di fede, le cui opere non saranno dimenticate.
Dalla Legenda di Santa Chiara
Quanta energia acquistasse nella fornace della preghiera fervente e quanto si rallegrasse nella fruizione della bontà di Dio, lo dimostrano ripetuti indizi. Infatti, quando ritornava gioiosa dalla santa orazione, dal fuoco dell’altare del Signore riportava parole calde, tali che accendevano il petto delle sorelle. Esse, infatti, notavano la grande dolcezza che usciva dalla sua bocca e il suo volto appariva più luminoso del solito. Certamente Dio, nella sua dolcezza, aveva preparato una mensa alla poverella e la luce vera, che nella preghiera aveva riempito la sua mente, si rivelava fisicamente all’esterno. Così in questo fragile mondo era congiunta in modo non fragile con il suo nobile sposo e continuamente si deliziava nelle cose dell’alto; così stabilmente ferma nella ruota della fortuna mutabile e chiudendo il tesoro della gloria in un vaso d’argilla, permaneva con la carne nelle cose di quaggiù, mentre con la mente era nelle cose dei cieli.